VAPORE ACQUEO E URBANIZZAZIONE DEL SUOLO

Le attività umane hanno sempre contribuito a modifica l’ambiente impattando sul clima a livello locale e globale. Una importante influenza umana è l’attività di modifica della copertura del suolo connessa al consumo urbanistico di suolo (impermeabilizzazione). Come vedremo meglio più avanti l’impermeabilizzazione incide sulla distribuzione spaziale del riscaldamento superficiale latente e sensibile e contribuisce a modificare l’entità della ridistribuzione spaziale di precipitazioni e umidità.

Per inquadrare il problema si ritiene opportuno rivedere, seppur in maniera essenziale, le modalità di trasmissione dell’energia termica. Come è noto il calore si propaga: a) per conduzione (trasferimento attraverso la materia solida), b) per convezione (solo nei liquidi e nei gas attraverso trasferimento di molecole che viaggiano da una parte all’altra del mezzo), c) per radiazione (irragiamento termico o trasferimento mediante onde elettromagnetiche) e per d) advezione (l’intera materia che contiene calore si muove spostando il calore).

Nella conduzione lo spostamento di energia sotto forma di calore è poco efficiente; c’è più efficienza e significativà nella convezione dove le molecole sono libere di muoversi. Caratteristica dell’irragiamento termico è invece il non necessitare di supporto materiale, potendo avvenire anche attraverso il vuoto o attraverso un mezzo di separazione anche a temperatura minore (ecco perché l’energia termica emessa da una fiamma può raggiungere una persona attraversando uno strato d’aria più fredda). La radiazione termica è energia elettromagnetica emessa dai corpi in funzione della propria condizione termica ovvero in dipendenza della propria temperatura.

Figura 1

Come si può constatare dalla Figura 1 (tratta da Wikipedia, vedi https://it.wikipedia.org/wiki/Spettro_elettromagnetico) la radiazione elettromagnetica si può suddividere per bande:

raggi gamma. Indicati con la lettera greca minuscola γ sono le radiazioni elettromagnetiche prodotte dal decadimento radioattivo dei nuclei atomici.

Raggi X. Detti anche raggi Röntgen, interessano la porzione di spettro elettromagnetico con lunghezza d’onda compresa approssimativamente tra 10 nanometri (nm) e 1/1.000 di nm. Ricordiamo che 1 nm corrisponde a 10-9 m.

Radiazione ultravioletta. Ha una lunghezza d’onda inferiore a 400 nm e si estende fino a circa 10 nm. Si tratta dei raggi ultravioletti.

Spettro visibile. Sono radiazioni percepibili dall’occhio umano (l’occhio umano non può vedere la radiazione elettromagnetica oltre la zona violetta e al di sotto della zona rossa). La minima lunghezza d’onda considerata nel campo visibile è convenzionalmente fissata in 0,4 µm. Ricordiamo che 1 μm corrisponde ad un milionesimo di m.

Radiazione infrarossa. A sinistra della fascia “visibile” si trova la zona denominata infrarossa. La zona infrarossa va da 0,7 µm a 0,4 mm. La radiazione infrarossa (normalmente indicata con IR) è una radiazione elettromagnetica con una lunghezza d’onda maggiore della luce visibile, ma minore delle onde radio. Il nome sottintende “sotto il rosso” (dal latino “infra” ovvero “sotto”) in quanto il rosso è il colore visibile con la frequenza più bassa.

Microonde. Lunghezza d’onda fra 0,4 mm a 1 m. Sono radiazioni elettromagnetiche con lunghezza d’onda compresa tra la gamma superiore delle onde radio e la radiazione infrarossa.

Onde radio. Zona suddivisa in tre campi: onde corte (lunghezze d’onda da 1 m a 100 m), onde medie (da 200 m a 600 m) e onde lunghe (oltre 600 m).

Normalmente viene fatta una distinzione tra radiazione solare a onde corte e radiazione terrestre a onde lunghe. Minore è la lunghezza d’onda e maggiore è l’energia trasportata. La luce visibile fa parte dalla radiazione a onde corte. Le radiazioni elettromagnetiche differiscono molto, nel loro comportamento, al variare della lunghezza d’onda. Le radiazioni elettromagnetica coprono globalmente un campo di lunghezze d’onda variabile da 10-9 μm o meno (raggi cosmici) a 1010 μm e più (onde elettriche di potenza). La radiazione termica comprende un sottoinsieme delle radiazioni elettromagnetiche caratterizzato da lunghezze d’onda fra 0,1 μm e 100 μm (ricomprendendo sia la radiazione visibile a sua volta caratterizzata da lunghezze d’onda variabili fra 0,40 e 0,76 μm, e sia parte della radiazione infrarossa o a onde lunghe e ultravioletta o a onde corte).

Quando una radiazione elettromagnetica termica (lunghezza d’onda compresa fra 0,1 e 100 μm) incide su di una superficie una aliquota viene riflessa (la corrispondente radiazione che lascia una superficie rappresenta è quindi la somma di quella emessa e di quella riflessa) mentre la radiazione non riflessa penetra nel corpo e attraversandolo viene parzialmente attenuata. L’aliquota che penetra nel corpo e che riemerge rappresenta la radiazione trasmessa, di converso quella attenuata è la radiazione assorbita.

I solidi denominati opachi non trasmettono l’energia termica che incide su di essi ma l’assorbono e la riflettono solamente. Gli aeriformi invece sono caratterizzati da un coefficiente di riflessione nullo. I gas monoatomici (idrogeno, ossigeno, azoto e quindi l’aria secca) di converso non assorbono e non emettono ma sono completamente trasparenti all’energia radiativa; per questo motivo si definiscono non partecipanti. D’altro canto un corpo che appare di colore nero non è necessariamente un corpo nero dal punto di vista delle sue caratteristiche radiative in quanto, come si è visto in precedenza, il campo di lunghezze d’onda della radiazione termica è molto più ampio di quello del visibile.

Le considerazioni e le immagini che seguono sono in gran parte ricavate dal sito della NASA http://earthobservatory.nasa.gov/Features/EnergyBalance/. Al sistema suolo + atmosfera (SSA) arriva energia sotto forma di calore sia dal sole che dall’interno della stessa Terra. Dal Sole pervengono in media circa 340W/m2 (vedi componente A), dall’interno circa 0,08 W/m2 (vedi Figura 2). La principale forma di energia che incide sul clima di SSA è quindi la radiazione solare. Al limite esterno dell’atmosfera il valore medio della potenza che incide su una superficie normale alla direzione della radiazione è stimata in 1.353 W/m2 (costante solare).

Focalizziamo ora l’attenzione sull’atmosfera. Se l’energia in entrata e in uscita da SSA deve essere bilanciata, allo stesso modo i flussi di energia nell’atmosfera devono essere bilanciati. Le misurazioni satellitari indicano che l’atmosfera irradia verso lo spazio energia termica radiante infrarossa IR (a onde lunghe) equivalente al 59% dell’energia solare in arrivo ovvero 340×59/100=200,6 W/m2. Con riferimento alla sola atmosfera dell’energia radiante solare in ingresso (a onde corte) il vapore acqueo, l’aerosol e l’ozono presente nell’atmosfera ne assorbono un 23% ovvero 78,2 W/m2 (componente B). Evaporazione e convezione trasferiscono dal suolo verso l’atmosfera mediamente il 25% ovvero 85 W/m2 e il 5% ovvero 17 W/m2 (componenti O e P). Questi tre processi (B + O + P) trasferiscono nell’atmosfera l’equivalente del 53% ovvero 180,2 W/m2 dell’energia solare in entrata.

Figura 2

La somma dell’energia in arrivo dell’atmosfera è infatti pari a 23%+5%+25% = 53%. L’energia termica che ritorna allo spazio, a onde lunghe, è del 59% (componente R più componente S). Se facciamo la differenza fra 59% e 53% otteniamo 6%. Da dove proviene la frazione rimanente pari al 6%, ovvero 20,4 W/m2 ?

I gas atmosferici come ossigeno e azoto sono trasparenti alla luce solare in entrata (onde corte) e sono trasparenti anche all’infrarosso termico in uscita (onde lunghe). Tuttavia, il vapore acqueo, l’anidride carbonica, il metano e altri gas in traccia (normalmente indicati come gas serra) sono opachi a molte lunghezze d’onda dell’energia termica infrarossa o a onde lunghe. Si è scritto in precedenza che la materia opaca non trasmette l’energia termica che incide su di essa ma l’assorbe e la riflette solamente. Il suolo irradia verso l’alto l’equivalente netto del 17% dell’energia solare in entrata come infrarosso termico o a onde lunghe (componente M meno componente N). Tuttavia, la quantità che fuoriesce direttamente nello spazio rappresenta solo il 12%, ovvero 40,8 W/m2, dell’energia solare in entrata (componente Q). La frazione rimanente, corrispondente grossomodo al citato 6% netto dell’energia solare in entrata ovvero MNQ, viene trasferita all’atmosfera in quanto le molecole di gas serra assorbono l’energia termica infrarossa o onde lunghe che perviene dalla superficie. In conseguenza di questo trasferimento di energia termica alle molecole di gas serra la corrispondente temperatura aumenta; a loro volta gli stessi gas serra (che possono solo assorbire e riflettere radiazione termica) irradiano una maggiore quantità di energia termica infrarossa o a onde lunghe in tutte le direzioni. La parte di energia termica irradiata verso l’alto continua a incontrare molecole di gas serra che a loro volta assorbono il calore con relativo aumento di temperatura e relativa irradiazione di energia termica in ogni direzione. Queste modalità di “trasferimento” di irradiazione dell’energia termica verso l’alto o verso il basso rimane attiva fino ad una altitudine di 5-6 km dove la concentrazione di gas serra assume via via valori sempre più piccoli fino a che l’irragiamento termico a onde lunghe non viene più assorbito e riflesso ma si disperde definitivamente nello spazio. La parte di calore irradiata ai vari livelli verso il basso, dai gas serra, ritorna alla fine al suolo dove viene nuovamente assorbita. In conseguenza di questo assorbimento la temperatura al suolo diventa più calda di quanto sarebbe se riscaldata solo dal riscaldamento solare diretto. L’atmosfera induce in tal modo sul suolo un riscaldamento supplementare chiamato effetto serra naturale (ESN). In altro modo potremmo affermare che si stabilizza un aumento di temperatura al suolo e nelle parti basse dell’atmosfera per formare una sorta di gradiente finalizzato a permettere la fuoriuscita dell’energia termica verso l’esterno dell’atmosfera attraverso la radiazione.

ESN eleva la temperatura al suolo a circa +15 °C, oltre 30 gradi in più di quanto sarebbe la temperatura media al suolo in assenza di ESN (-15°C). La quantità di calore irradiato dall’atmosfera verso il suolo a onde lunghe (chiamata radiazione posteriore o RP) equivale al 100% dell’energia solare in arrivo (la componente N in Figura 2). Il suolo risponde al riscaldamento solare a onde corte (componente P) e risponde all’energia extra a onde lunghe (componente N) stabilizzandosi su di una temperatura maggiore. ESN è conseguenza del fatto che dallo spazio solo l’energia termica elettromagnetica può essere assorbita in uscita (componente D e componente T) e solo energia termica elettromagnetica viene assorbita in entrata a SSA (componente A).

La quantità di energia irradiata a onde lunghe dal suolo (componente M) aumenta all’aumentare della sua temperatura. L’energia in uscita aumenta con la quarta potenza della temperatura. Poiché il riscaldamento solare (a onde corte, componente F) e la RP proveniente dall’atmosfera (a onde lunghe, componente N) aumentano la temperatura superficiale del suolo, il suolo stesso rilascia contemporaneamente una quantità maggiore di calore, equivalente a circa il 117% ovvero 347,8 W/m2 (componente M) dell’energia solare in entrata pari a 340 W/m2 (componente A). Il flusso di calore radiativo netto a onde lunghe diretto verso l’alto è quindi equivalente al 17% della luce solare in entrata (ovvero 117% in uscita verso l’alto ovvero componente M sottratto 100% in entrata verso il basso ovvero componente N, vedi Figura 2). Una parte finale dell’energia termica fuoriesce d asubito direttamente nello spazio mentre il resto viene trasferito a livelli sempre più alti dell’atmosfera finché l’energia che lascia la parte superiore dell’atmosfera non corrisponde alla quantità di energia solare in entrata (differenza fra componente A e componente D uguale alla componente T).

Poiché la quantità massima possibile di luce solare in arrivo è fissata dalla costante solare (che dipende solo dalla distanza della Terra dal Sole e da limitate variazioni correlate ai cicli solari), l’ESN stabilizza la temperatura superficiale media sulla Terra in quanto permette la restituzione di energia termica verso lo spazio con le stesse caratteristiche dell’energia termica in ingresso. Ma SSA non necessariamente può costantemente assorbire e ritornare allo spazio quantità di energia analoghe. Ricordiamo infatti che per date lunghezze d’onda alcuni gas serra presenti in atmosfera assorbono parte della radiazione in uscita ma se questi gas aumentano in concentrazione come conseguenza maggiore energia in uscita verrà trattenuta nella parte bassa dell’atmosfera (troposfera); di conseguenza, per mantenere l’equilibrio energetico, SSA dovrà emettere maggiori quantità di energia agendo prevalentemente attraverso un aumento della propria temperatura media. La variazione del corrispondente gradiente di temperatura permette dinamicamente il mantenimento dell’equilibrio termico in SSA.

Il vapore acqueo è il gas serra a più alta concentrazione in atmosfera (da 0,33% in media fino ad arrivare al 4% e oltre). E’ il gas che contribuisce maggiormente a ESN con un contributo stimato tra il 70% e il 96% se consideriamo l’effetto creato dalle nuvole. Nell’atmosfera, le molecole di acqua catturano l’energia termica irradiata dalla Terra verso lo spazio, diramandola in tutte le direzioni e riscaldando così il suolo prima di essere irradiata nuovamente nello spazio. Evidentemente l’entità dell’evaporazione, processo che integra la concentrazione di vapore acqueo nell’atmosfera, aumenta con l’aumento della temperatura della stessa atmosfera. Variazioni anche modeste della concentrazione del vapor acqueo possono indurre grandi influenze sull’ESN. Queste influenze non sono correlate necessariamente al solo aumento della temperatura. Infatti se il riscaldamento dell’aria produce un aumento della concentrazione del vapor acqueo, consegue anche una incidenza nella variazione della copertura nuvolosa che a sua volta risulta correlata ad un processo di raffreddamento di SSA qualora focalizzassimo l’attenzione sulla riflessione della radiazione solare incidente (componente C, vedi Figura 2) o qualora tenessimo conto dell’aumento dell’emissione nell’infrarosso (onde lunghe) dalla superficie terrestre (componente M). Mediamente questo raffreddamento non risulta comunque sufficiente a bilanciare l’effetto di riscaldamento prodotto da un incremento della concentrazione dello stesso vapor acqueo; il risultato netto in media è, in ogni caso, il non verificarsi di una variazione significativa di ESN.

Una caratteristica fondamentale del vapore acqueo è l’efficienza nel trasporto di energia termica. Viene trasportato almeno 4 volte più calore usando vapore acqueo di quanto ne trasporti l’acqua nella forma liquida. Mediamente sulla Terra si dimostra una eccedenza del flusso evaporativo degli oceani rispetto alle precipitazioni che interessano gli stessi oceani; di converso nelle terre emerse la proporzione si inverte in quanto eccedono le precipitazioni rispetto al flusso evaporativo. Globalmente la differenza tra precipitazione ed evaporazione, nell’intero globo, è stimata in 36.000 km³/anno. Evaporazione e precipitazione costituiscono un flusso complessivo di 505.000 km³/anno e il volume d’acqua totale interessato è stimato in 15.500 km³. Di conseguenza il contenuto d’acqua nell’atmosfera viene rinnovato circa 30 volte l’anno e quindi il tempo medio di residenza dell’acqua nell’atmosfera è di circa 12 giorni. Allo stesso modo, sempre in media, l’86% dell’evaporazione globale ha luogo negli oceani; l’evaporazione negli oceani riduce la loro temperatura portando il calore fuori dallo specchio liquido. Se non ci fosse evaporazione dagli oceani (col conseguente raffreddamento degli stessi) l’ESN descritto in precedenza porterebbe la temperatura superficiale del suolo a 67°C e quindi ad una superficie terrestre molto più calda. Si è già scritto come la superficie della Terra presenterebbe una temperatura stimata in -15°C in mancanza di gas serra e del corrispondente ESN.

Tenendo conto delle modalità di arrivo della radiazione solare e della forma sferica del globo terrestre ne deriva che la maggior parte dell’energia solare riscalda soprattutto i mari tropicali. Dopo l’evaporazione nei mari tropicali il vapor d’acqua si innalza nell’atmosfera ed è allontanato ai tropici tramite i venti. La maggior parte del vapore condensa nella zona di convergenza equatoriale rilasciando il calore latente che riscalda l’aria; questo fenomeno, a sua volta, fornisce energia alla circolazione atmosferica.

In letteratura mediamente il 95% di ESN, e quindi del riscaldamento, viene è ricondotto all’azione del vapore acqueo, un 4% è normalmente ricondotto all’azione della CO2. Percentuali minori e meno significative riguardano i gas CH4, N2O e CFC.

Sul suolo (dove avviene mediamente il 14% dell’evaporazione globale) parte dell’acqua meteorica assorbita dal terreno torna all’atmosfera attraverso l’evaporazione e la traspirazione fogliare. In genere la riduzione della copertura vegetale riduce l’evapotraspirazione comportando una riduzione del fenomeno del raffreddamento conseguente all’evaporazione e quindi, nell’ottica di ESN, un riscaldamento al suolo. Infatti il processo di evapotraspirazione consuma calore rimuovendo calore dal suolo; minore è l’evapotraspirazione e minore è la rimozione di calore dal suolo e maggiore non può che essere la temperatura di stabilizzazione del sistema connesso a ESN.

Il ciclo idrologico, chiamato anche ciclo dell’acqua, caratterizza l’esistenza ed il movimento dell’acqua in SSA. L’acqua della Terra è sempre in movimento e cambia di stato continuamente, da liquido a vapore a ghiaccio, in tutti i modi possibili. Varie attività umane possono alterare il ciclo idrologico: agricoltura, allevamento, inquinamento atmosferico, processi di combustione, deforestazione, emungimenti da falda, sottrazione acqua da fiumi, urbanizzazione, ecc… L’urbanizzazione è il processo di sviluppo e organizzazione che porta un aggregato umano ad assumere le caratteristiche tipiche di una città. Normalmente in tale termine vengono incluse anche la costruzione di strutture (opere di urbanizzazione) come reti di trasporto e sistemi fognari. I nuclei urbanizzati tendono ad espandersi molto rapidamente. Nel mondo, dal 2007, la maggioranza degli esseri umani vivono in città ovvero in ambiente dove massimo è il processo di urbanizzazione (vedi). Nelle terre emerse, escludendo zone desertiche, lacuali o di montagna, il suolo non urbanizzato è normalmente interessato dalla vegetazione (alberi, cespugli, erba, ecc…). Quasi tutta l’acqua che la vegetazione impiega proviene dal terreno e l’acqua del terreno deriva dalla condensazione dell’acqua che evapora dal suolo e al suolo ritorna sottoforma di precipitazione (ciclo idrologico).

In riferimento a diverse regioni agroclimatiche diversi sono i valori di riferimento per l’evapotraspirazione. Nelle terre umide e semiumide di tipo tropicale o subtropicale l’evapotraspirazione media giornaliera si può stimare rappresentata dal valore 4,5 mm/giorno; nelle terre aride e semiaride di tipo tropicale o subtropicale l’evapotraspirazione media giornaliera è stimabile nel valore 5 mm/giorno. Nelle terre umide e semiumide di tipo temperato l’evapotraspirazione media giornaliera è stimabile nel valore 4 mm/giorno; nelle terre aride e semiaride di tipo temperato l’evapotraspirazione media giornaliera è stimabile nel valore 5 mm/giorno.

Ricordiamo come l’evaporazione richieda grandi quantità di energia.5 mm giornalieri sono tipici valori di evapotraspirazione ET alle medie latitudini durante i mesi estivi. Proviamo a stimare quanta energia è necessaria per consentire l’evapotraspirazione di 5 mm d’acqua. 5 mm equivalgono a 5.000 g di acqua a m2; 5.000 g/m2 x 2.442 J/g = 12.210.000 J/m2 (essendo 2.442 il calore latente di evaporazione dell’acqua espresso in J/g) ovvero 12,21 MJ/m2. Il valore 12,21 MJ/m2 equivale ad quantità di energia contenuta in circa 300 g di petrolio). Con l’evaporazione e con ET l’acqua si trasforma da liquido a gas o vapore. Questi processi sono il principale modo con cui l’acqua torna nell’atmosfera attraverso il ciclo idrologico sotto forma di vapore. In letteratura è stato stimato che mari, laghi e fiumi producono circa l’85% di umidità presente normalmente in atmosfera tramite il processo di evaporazione mentre una grossa parte della percentuale rimanente proviene prevalentemente dalla evapotraspirazione della vegetazione nelle terre emerse.

Sebbene l’atmosfera non sia una grande “contenitore” d’acqua è comunque il mezzo principale per spostare l’acqua intorno al mondo attraverso il ciclo idrologico. C’è sempre acqua nell’atmosfera. Le nuvole, costituita da goccioline piccolissime, sono la forma più visibile di acqua atmosferica, ma anche l’aria limpida contiene acqua sotto forma di vapore, in molecole separate, di dimensioni troppo piccole per essere viste. Il volume di acqua presente mediamente nell’atmosfera è stimato nel valore 15.500 km3. Se tutta l’acqua nell’atmosfera piovesse in una sola volta, coprirebbe la superficie terrestre con uno spessore di circa 2,5 cm.

Mentre l’evaporazione consuma calore la condensazione (processo con cui il vapore acqueo viene trasformato in acqua liquida) è un processo che libera calore. La condensazione è importante nel ciclo idrologico perché da origine alle nuvole e le nuvole producono le precipitazioni che sono il modo principale con cui l’acqua ritorna sul suolo. La condensazione è evidentemente l’opposto dell’evaporazione. La condensazione è causa della nebbia, è causa dell’appannamento degli occhiali quando si passa da un ambiente esterno freddo in uno interno caldo e umido, è causa delle goccioline che si formano sull’esterno di un bicchiere di bibita gelata, all’interno delle abitazioni è causa dell’appannamento dei vetri delle finestre nei giorni freddi.

Ma torniamo ora al concetto di urbanizzazione. Il processo di urbanizzazione incide sul ciclo idrologico dell’acqua. Infatti:

– in zone urbanizzate si formano le isole di calore correlate ad una temperatura ambiente mediamente più elevata e quindi con aumento dell’azione evaporante e della residua azione evapotraspirante (in letteratura viene stimata in proporzione il 5-20% in più rispetto alle aree circostanti non urbanizzate). Nelle aree urbanizzate può esserci però significativa presenza di acqua destinata all’evaporazione, e soprattutto all’evapotraspirazione, ma in genere solo in corrispondenza a periodi piovosi;

– l’urbanizzazione tende a ridurre fino ad annullare le superfici con uso “vegetato” del suolo in tal modo riducendo l’evapotraspirazione correlata. Meno vapore acqueo e quindi meno energia termica viene consegnata all’atmosfera;

– l’urbanizzazione comporta sempre un impermeabilizzazione significativa, se non addirittura completa, delle superfici. La conseguente minor presenza di acqua al suolo nei periodi non piovosi comporta meno vapore acqueo e quindi meno energia termica consegnata all’atmosfera;

– l’urbanizzazione è sempre correlata a presenza di sistemi artificali di drenaggio (fognature) che allontanano l’acqua dall’ambiente urbano. Nei periodi non piovosi meno vapore acqueo e quindi meno energia termica viene di conseguenza consegnata all’atmosfera;

– l’urbanizzazione comporta in genere una drastica riduzione del contenuto medio di umidità nel residuo suolo non impermeabilizzato e conseguentemente meno vapore acqueo e quindi meno energia termica consegnata all’atmosfera;

– l’urbanizzazione comporta in genere una riduzione drastica della ricarica di acqua nel primo suolo col conseguente abbassamento di acqua disponibile all’evaporazione o evapotraspirazione e a seguire con minor quantità di vapore acqueo e quindi di energia termica consegnata all’atmosfera;

– l’urbanizzazione è correlata ad un maggior deflusso superficiale durante i periodi piovosi e in genere ad una minore o nulla formazione di ristagni effimeri in superficie con la conseguente riduzione di acqua disponibile all’evaporazione. Consegue minor quantità di vapore acqueo e quindi di energia termica consegnata all’atmosfera;

– l’urbanizzazione comporta maggiori celerità nel deflusso superficiale in periodo piovoso e conseguentemente minore tempo disponibile al processo di evaporazione. Ne segue minor quantità di vapore acqueo e quindi di energia termica consegnata all’atmosfera;

– l’urbanizzazione è quasi sempre correlata al collettamento delle acque di pioggia a fognature (in genere interrate) ed a canali di drenaggio (in genere con sviluppo del deflusso prevalentemente in profondità) con ciò diminuendo la superficie disponibile al processo di evaporazione. Ciò incide nei tempi di evaporazione e a seguire comporta minor quantità di vapore acqueo e quindi di energia termica consegnata all’atmosfera.

Come potrebbe incidere su ESN l’azione umana urbanizzante? Si è precisato come vengano modificati i tassi di evaporazione e di evapotraspirazione al suolo verso l’atmosfera. Si è già precisato, d’altro canto, come la radiazione assorbita dall’atmosfera venga riemessa nello spazio in quantità tale da garantire il bilancio energetico Terra-Sole (ESN).

Consideriamo ora un “volume di controllo” costituito da 1 m3 teorico di superficie di suolo terrestre. Indichiamo con:

SVARE = la variazione di energia nel volume di controllo,

SRC = l’apporto radiativo netto in onda corta,

STC = il calore scambiato dal terreno per conduzione / convenzione,

SRL = l’apporto radiativo netto in onda lunga,

SETS = calore ceduto dal volume per evaporazione/evapotraspirazione,

STT = calore ceduto da interno della Terra.

Possiamo scrivere, nell’intervallo DT, la seguente uguaglianza

SVARE = (SRC + STC + SRL + SETS + STT) x DT.

Allo stesso modo consideriamo ora un “volume di controllo” costituito da 1 m3 teorico di atmosfera. Indichiamo con:

AVARE = la variazione di energia nel volume di controllo,

ARC = l’apporto radiativo netto in onda corta,

ATC = il calore scambiato dalla materia per conduzione / convenzione,

ARL = l’apporto radiativo netto in onda lunga,

AETS = calore ceduto al volume per condensazione del vapore acqueo.

Possiamo scrivere, nell’intervallo DT, la seguente uguaglianza

AVARE = (ARC + ATC + ARL + AETS ) x DT.

Se consideriamo per i due volume di controllo una ugual variazione di energia otteniamo la relazione

SRC + STC + SRL + SETS + STTARCATCARLAETS = 0

o anche, ipotizzando STC trascurabile (perché di molti ordini di grandezza inferiore agli altri contributi), STT trascurabile (perché stabilizzabile nel lungo periodo), ATC trascurabile in prima istanza, la relazione precedente diventa

SRC + SRL + SETSARCARLAETS = 0

ovvero

(SRCARC) + (SRLARL) = (AETSSETS) .

Se ora come ulteriore ipotesi imponiamo trascurabile il fenomeno di evapotraspirazione al suolo (a seguito del processo di urbanizzazione) e manteniamo un minimo di evaporazione in atmosfera (per tener conto degli apporti di vapore acque originati dal territorio contermine non interessato da urbanizzazione) si ottiene:

(SRCARC) > (-SRL + ARL) + AETS

ovvero

(SRC + SRL) > (ARC + ARL) + AETS.

Essendo AETS positivo rimane valida la disuguaglianza

(SRC + SRL) – AETS > (ARC + ARL) .

I contributi termici delle radiazioni lunghe e corte al suolo non possono che essere maggiori dei contributi termici delle radiazioni lunghe e corte in atmosfera e quindi il suolo deve aumentare di energia termica e quindi di temperatura. L’impermeabilizzazione appare quindi correlata ad un aumento “non naturale” di ESN; “non naturale” perché correlato ad un processo di origine antropica.

Del resto un risultato relativamente similare può essere ottenuto considerando nel complesso il sistema Terra più Sole. Si è già visto come l’intera radiazione proveniente dal sole può essere riflessa o assorbita da SSA. Mediamente il 30% della radiazione proveniente dal Sole viene riflessa dalla stessa atmosfera, dalle nubi e dal suolo; il 19% viene assorbita dall’atmosfera per poi essere riemessa nell’infrarosso (onde lunghe), l’1% può essere considerato assorbito dalla vegetazione in conseguenza della fotosintesi clorofilliana, il restante 50% viene assorbito dal suolo. Del 50% assorbito dal suolo, il 20% viene riemesso sotto forma di radiazione infrarossa (onde lunghe), il 7% viene riemessa come calore sensibile ed il restante 23% come calore latente. Di conseguenza se diminuisce la quota di calore latente a causa di una brusca riduzione di evapotraspirazione sia la radiazione infrarossa e sia il calore sensibile devono aumentare, sottintendendo in tal modo un aumento della temperatura.

Anche l’andamento dell’albedo superficiale dovrebbe essere valutato nell’analisi degli effetti indotti dall’attività antropica di urbanizzazione sul clima. L’albedo superficiale è il rapporto tra la radiazione solare riflessa e quella incidente ad onde corte la superficie terrestre ed è uno dei parametri fondamentali che influenzano il clima della Terra. Nelle aree urbanizzate è prevedibile un incremento dell’albedo (infatti la vegetazione presenta valori di albedo minori rispetto a superfici rocciose e impermeabilizzate in condizioni naturali). Ciò dovrebbe portare ad una riduzione sia dell’energia assorbita dalla superficie che del mescolamento convettivo in prossimità dell’interfaccia suolo. A lungo termine anche l’evaporazione potrebbe diminuire inibendo ulteriormente la possibilità di condensa (e quindi di precipitazione) in atmosfera. In ogni caso la vegetazione influenza in modo sostanziale il clima di una determinata area modificando il bilancio energetico e gli scambi di vapore acqueo e anidride carbonica tra la superficie terrestre e l’atmosfera.

All’aumentare dell’altezza, nei primi km di atmosfera ovvero nella troposfera, è sperimentabile un gradiente in diminuzione della temperatura. Il suolo si riscalda a causa dell’assorbimento della radiazione solare e cede di ritorno calore all’aria per radiazione e convezione ed energia termica attraverso il fenomeno dell’evaporazione e della traspirazione. Attraverso i moti convettivi il calore viene trasportato verso l’alto e all’aumentare della quota i gas si espandono e subiscono un raffreddamento mentre il gas con maggiore effetto di trasferimento di energia termica, il vapore acqueo, condensa a sua volta raffreddando il sistema tramite cessione di calore. L’espansione dei gas con la quota ne comporta il raffreddamento in quanto nelle durate tipiche della convezione (che agisce in un intervallo temporale compreso fra qualche minuto e qualche ora) l’aria conduce poco calore ma non manca lo scambio termico e particolarmente i cambiamenti di fase dell’acqua dissolta nell’aria (vapore acqueo atmosferico) sono associati a scambi di calore. Ed in ogni caso ci sono gli scambi di calore per irraggiamento per cui la troposfera perde calore per l’emissione di alcuni gas (H2O, CO2 etc.), nello spettro infrarosso (onde lunghe) nel processo che crea ESN. Come si può constatare dalla Figura 2 la percentuale di energia rispedita al suolo dall’atmosfera nell’infrarosso per effetto serra naturale diminuisce all’aumentare della quota (ultima freccia a destra in Figura 2). A 3.000 m circa già un terzo delle molecole che compongono l’atmosfera sono presenti a quote inferiori. A 5.000 m si possono considerare come un 50% le molecole presenti a quote inferiori. A queste quote l’atmosfera assorbe molta meno energia solare è viene ridotta drasticamente la restituire dell’energia in basso mediante l’emissione infrarossa (onde lunghe); l’energia elettromagnetica termica trova sempre meno sbarramenti nella sua strada verso l’esterno dell’atmosfera.

In definitiva un meccanismo significativo di controllo dell’energia termica, e quindi della temperatura nella troposfera, è la convezione. Probabilmente nella sovrastante stratosfera il prevalente fattore di controllo dell’energia termica e quindi della temperatura è la radiazione. Il principale responsabile di ESN nell’atmosfera è il vapore acqueo. Rispetto alla CO2 il vapore acqueo ha rapidi scambi nel tempo e può contare sull’interazione con immensi serbatoi distribuiti sul suolo (oceani, ghiacciai, vegetazione). La concentrazione del vapore acqueo in atmosfera è ovviamente controllata dalla dinamica atmosferica ma potrebbe essere alterata anche dalla urbanizzazione generando un cambiamento del corrispondente ESN forse ben oltre la trascurabile perturbazione al clima. Tenendo fisso il ruolo di forzante primaria in carico alla CO2, come in via prevalente la letteratura di settore ricorda, se ad un aumento della forzante della CO2 corrisponde un contributo in aumento all’effetto serra dovuto alle dinamiche del vapore acqueo, la perturbazione introdotta dalla forzante rimane destinata ad avere effetti crescenti nel tempo con una variazione irreversibile del clima.

In ogni caso minori concentrazioni di vapore non possono che essere correlate anche a minor formazione di nuvole. Una minor formazione di nubi non può che comportare una riduzione della parte riflessa dell’energia solare in ingresso (albedo terrestre collegato alle nuvole) ed un conseguente riscaldamento. Il vapore acqueo è quindi essenziale per lo sviluppo di condizioni meteorologiche perturbate; esso influenza (direttamente e indirettamente attraverso la formazione di nuvole) l’equilibrio radiativo planetario. Il vapore acqueo è poi l’unico costituente atmosferico radiativamente importante con vita breve, è abbondante nell’atmosfera e presenta una forte capacità di influenza sui cambiamenti climatici. Il calore latente del vapore acqueo rappresenta gran parte del trasporto di calore verso l’alto, all’interno dell’attuale atmosfera terrestre. Il vapore acqueo domina il raffreddamento radiativo netto della troposfera che guida la convezione. La convezione mescola verticalmente regioni localizzate dell’atmosfera tramite correnti ascensionali e discendenti, produce un trasporto netto di vapore acqueo prevalentemente verso l’alto e crea perturbazioni che possono trasportare indipendentemente l’acqua precipitante e rievaporante.

L’aumento della superficie impermeabile nelle aree urbanizzate provoca una riduzione del flusso di calore latente e un aumento del flusso di calore sensibile. Si ravvisano quindi differenti tempistiche nel raffreddamento notturno; le aree meno urbanizzate o allo stato naturale si raffreddano in modo relativamente veloce durante la notte mentre le aree urbane continuano a mantenere temperature più elevate durante la notte. Il rallentamento del tasso di raffreddamento nelle aree urbane comporta generalmente un aumento della temperatura minima osservata.

Il vapore acqueo in atmosfera ha una triplice attività: a) aumenta l’assorbimento e quindi RP a onde lunghe di ritorno verso il suolo; b) è veicolo per il trasporto diretto del calore latente dalla superficie ad altezze da dove si innesca la stessa RP, c) è prerequisito per la formazione delle nuvole e del conseguente albedo che aumenta la riflessione delle onde corte in arrivo dallo spazio. Il vapore acqueo interviene quindi su processi che potenzialmente influenzano le conseguenze della radiazione totale emessa da qualsiasi zona del suolo e dell’atmosfera ed i percorsi attraverso i quali l’energia termica incidente ritorna nello spazio. Senza vapore acqueo ESN rischierebbe di essere meno significativo. Gli altri gas serra, e particolarmente la CO2, intrappolano sicuramente energia a onde lunghe rimandandola sul suolo ma sempre solo in proporzione alla loro concentrazione. Il vapore acqueo è fondamentale a mantenere il pianeta abitabile ad una temperatura media di 15°C; se la corrispondente concentrazione in atmosfera diminuisce la temperatura media non può che alzarsi in quando verrebbe a ridursi il gradiente delle emissioni di ritorno dell’energia elettromagnetica a onde lunghe che gestisce l’allontamento verso lo spazio della stessa energia termica.

Per finire ricordiamo che l’aria umida è più leggera dell’aria secca (le molecole di vapore acqueo presentano un peso molecolare minore rispetto ad altri gas come O2 e N2). Quando l’acqua evapora dalle acque libere, dalle superfici umide e dal suolo naturale ovvero evapotraspira attraverso la vegetazione il processo evaporazione rimuove il calore di evaporazione raffreddando contestualmente il suolo da cui evapora. Nelle aree desertiche, dove è limitata l’acqua soggetta ad evapotraspirazione durante il giorno, le escursioni termiche tra il giorno e la notte risultano molto più elevate rispetto alle aree temperate. Il calore assorbito viene trasportato attraverso l’aria leggermento meno secca e quindi più leggera che sale nella media troposfera fino ad essere potenzialmente rilasciata quando il vapore acqueo si condensa in nuvole ed eventualmente pioggia. In ogni caso le aree desertiche hanno poche nuvole perché la concentrazione di umidità, pur col potenziale raffreddamento del suolo durante il giorno e pur con la perdita di calore durante la notte, non ne permette la formazione. Nelle foreste pluviali la temperatura raramente supera i 40°C durante il giorno o raramente scende sotto i 25°C durante la notte. I deserti aridi c’è un contributo minore del vapore acqueo e devono fare affidamento soprattutto sull’albedo in superficie; di giorno le temperature arrivano anche oltre i 50°C mentre di notte possono scendere anche sotto i 10°C. Del resto tre possono essere i modi con cui l’aria più umida può tendere a riscaldare la superficie in termini relativi: 1) con abbassamento del gradiente di temperatura (si condensa il vapore acqueo con rilascio di calore latente nell’aria, prevalentemente in orari notturni); 2) maggior durata del tempo di raffreddamento durante la notte sopra la superficie in caso di maggior capacità termica; 3) limitare i tassi di evaporazione dalla superficie spostando la massa d’aria sopra di essa più vicino al punto di saturazione.

L’energia termica non può che dipendere dalla radiazione mentre lo spostamento della stessa è ricollegabile prevalentemente alla convezione; un piccolo esperimento può mostrare come funzionano gli scambi di energia termica nella troposfera. Proviamo a tenere la mano vicino alla fiamma di una candela, lateralmente alla stessa, all’aria aperta e con aria calma (indicativamente a 8-10 cm di distanza). Il fuoco della fiamma è molto caldo, soprattutto rispetto all’aria che lo circonda, e quindi il trasferimento di calore radiativo dovrebbe essere significativo in questa situazione. Ma lateralmente a poca distanza dalla fiamma praticamente non si sente più il suo calore. Come mai? In realtà la radiazione della fiamma della candela viene rapidamente assorbita dall’aria circostante riscaldando la stessa.  Ma in conseguenza di questo riscaldamento l’aria si espande diventando meno densa e galleggiando verso l’alto: è il rapido processo di trasferimento dell’energia termica per convezione. Se invece mettiamo la mano a 10 cm sopra la candela sentiamo immediatamente il calore. L’energia che riscalda l’aria proviene dalla radiazione ma il meccanismo che la trasporta è la convezione. Se meno vapore acqueo si forma al suolo, a causa della minor presenza di acqua in situazione di urbanizzazione, meno vapore acqueo è anche disponibile per essere trasferito verso l’alto per convezione e meno energia radiante verrà trasferita verso l’alto. In questa condizione, per garantire il trasferimento di energia radiante a onde lunghe verso l’esterno dell’atmosfera e mantenere almeno localmente stabile il sistema SSA dal punto di vista energetico, maggiore dovrà essere la temperatura al suolo.