TETTI FREDDI E FLUSSI DI ENERGIA

Con tetto freddo (cool roof in inglese) si intende un tetto dotato di

a) elevata capacità di riflettere l’irradiazione solare incidente e

b) in grado di emettere energia termica nell’infrarosso.

I tetti freddi permettono la gestione dei problemi di surriscaldamento estivo. La capacità di cui al punto a) implica un valore elevato di albedo (capacità di riflettere l’irradiazione solare incidente); la capacità di cui al punto b), qualora significativa, consente al tetto di trasferire all’atmosfera un grossa aliquota di irradiazione solare assorbita.

Un tetto freddo si può ottenere applicando in corrispondenza alla sua superficie un ricoprimento caratterizzato da colore molto chiaro (meglio se bianco).

L’energia termica irradiata dal sole, ed incidente sulla superficie esterna del tetto, è in parte riflessa e in parte assorbita.

Cosa arriva dal sole? Sulla superficie della terra non giungono le radiazioni solari X e GAMMA (caratterizzate da una lunghezza d’onda inferiori a 0,21 micron) perché schermate dall’alta atmosfera; non giungono neanche le radiazioni ultraviolette C o UVC (caratterizzate da lunghezza d’onda compresa fra 0,21 e 0,28 micron) per la presenza dello schermo garantito dall’ozono stratosferico; sulla superficie pervengono invece le radiazioni ultraviolette B ed A (UVB ed UVA caratterizzate da lunghezza d’onda compresa fra 0,28 e 0,38 micron); arriva ovviamente la luce visibile VIS (con lunghezza d’onda compresa fra 0,38 e 0,76 micron) e l’infrarosso vicino IRV (con lunghezza d’onda compresa fra 0,76 e 2,8 micron).

Dall’altra parte la superficie terrestre emette verso lo spazio radiazioni nell’infrarosso lontano IRL (con lunghezze d’onda comprese fra 2,8 e 100 micron). Sole e Terra emettono energia radiattiva in modo diverso perché diverse sono le temperature (circa 6000 K per il Sole e circa 300 K per la Terra).

Notoriamente le radiazioni solari sono scomponibili in una componente diretta (giunge direttamente dal Sole) e una componente diffusa (giunge dopo rifrazione da parte dell’atmosfera). La suddivisione fra diretta e diffusa dipende da quanto è torbida l’atmosferica, dipende dall’altezza del Sole, dipende dalla presenza di nuvole, da eventuali ostacoli (edifici, alberi, ecc.). In valli chiuse, dove la radiazione diretta è quasi sempre assente, è la radiazione diffusa che garantisce energia alla vegetazione. Di converso, durante la notte con atmosfera molto tersa prevale la radiazione diretta (ad esempio in arrivo dal disco lunare).

Il bilancio energetico del sistema Terra+atmosfera è praticamente in pareggio ovvero l’energia in arrivo dal Sole è bilanciata dall’energia irradiata nello spazio dall’atmosfera. Il flusso medio di energia, in arrivo dal Sole, incidente al limite dell’atmosfera per unità d’area perpendicolare ai raggi solari è di circa 1360 W/m². Una frazione di esso viene riflessa nello spazio dalle nuvole e dalla superficie terrestre (circa 30% del totale in funzione del valore medio di albedo). In media un ulteriore 19% circa viene assorbito dall’atmosfera e rimanente 51% viene assorbito dalla superficie terrestre. La somma dell’energia assorbita al suolo dall’atmosfera dev’essere bilanciata dall’energia termica irradiata nello spazio che dipende sostanzialmente dalla temperatura media; infatti, secondo la legge di Stefan-Boltzmann, un corpo radiante di massima efficienza teorica (il corpo nero) emette energia in modo proporzionale alla quarta potenza della sua temperatura. L’effetto serra permette che in superficie la temperatura media sia di circa 15°C (considerando solo l’emissione la temperatura media planetaria dovrebbe essere invece di circa -20 °C). L’effetto serra comporta che gran parte delle radiazioni infrarosse emesse verso il cielo vengono assorbite soprattutto dal vapor d’acqua e dal biossido di carbonio presenti nell’atmosfera e vengano successivamente riemesse dall’atmosfera in tutte le direzioni. La frazione emessa verso il basso viene assorbita dalla superficie garantendo in tal modo la temperatura media di 15°C. Il deficit energetico conseguente è compensato dal trasferimento di calore dalla superficie all’atmosfera attraverso la liberazione del calore latente di evaporazione dell’acqua superficiale e la condensazione nell’atmosfera sotto forma di nubi.

Nell’arco di un anno la quantità di radiazione solare mediamente ricevuta dall’atmosfera varia in dipendenza della latitudine. La radiazione solare annuale è circa 4 volte maggiore all’equatore rispetto ai poli, di converso la quantità di energia emessa dalla Terra nello spazio (sull’infrarosso) varia poco al variare della latitudine. In tal modo si presenta molta più energia ai tropici e molta meno energia ai poli; ciò comporta uno sbilancio energetico compensato da grandi trasferimenti di energia dall’equatore ai poli (circa 50% attraverso le correnti oceaniche e circa il 50% attraverso i venti).

Ma torniamo al tetto freddo. Il rapporto fra Flusso Termico Incidente FTI espresso in W/m2 e Flusso Termico Riflesso FTR espresso sempre in W/m2 fornisce l’albedo A. Di fatto l’albedo si può considerare un coefficiente di riflessione in campo ottico. Il valore A costituisce un coefficiente di riflessione della radiazione solare e non deve essere confuso col coefficiente di riflessione totale (un coefficiente che tiene conto di tutto lo spettro della radiazione elettromagnetica termica). Possiamo quindi scrivere

A = FTR / FTI .

L’albedo A dipende dal tipo di superficie (vedi valori). Per le colture agrarie mediamente abbiamo un albedo di 0,23 ma i valori possono essere enormemente variabili in funzione del tipo di coltura e dello stadio di sviluppo.

Si è già accennato al fatto che la radiazione solare interessa soprattutto le bande spettrali dell’ultravioletto, del visibile e dell’infrarosso. L’intensità della radiazione solare (quindi del flusso termico che investe la superficie irradiata) dipende dalla latitudine, dall’istante dell’anno in cui avviene la radiazione e ovviamente dalle condizioni di copertura del cielo.

Figura 1

In conseguenza del Flusso di Irradiazione Solare incidente FIS (vedi Figura 1) il tetto si riscalda e restituisce energia termica all’atmosfera attraverso la sua superficie esterna per convezione (Flusso di Raffreddamento Per Convezione FRPC) e per irraggiamento (Flusso di Raffreddamento Per Irraggiamento FRPI). FRPC espresso in W/m2 è correlato linearmente alla differenza tra Temperatura Superficiale Esterna del tetto TSE espressa in K e Temperatura dell’Aria atmosferica immediatamente Esterna TAE espressa in K a mezzo del Coefficiente di Scambio Termico Convettivo CSTC espresso in W/(m2K) secondo la relazione:

FRPC = CSTC x (TSE TAE) .

Se TSE risulta maggiore della TAE il flusso di raffreddamento per convenzione risulta positivo. La restituzione all’atmosfera di energia termica avviene anche per Flusso di Raffreddamento Per Irraggiamento FRPI espresso in W/m2. FRPI riguarda le bande spettrali dell’infrarosso medio e lontano ben diverse da quelle del flusso di irradiazione solare FIS in quanto le temperature del tetto e dell’atmosfera esterna (circa 290-300 K) non possono che essere di molto inferiori di quelle della superficie solare che origina FIS (circa 5.800 K).

Similmente a FRPC il valore FRPI è correlabile alla differenza tra la temperatura superficiale del tetto TSE espressa in K e la temperatura del cielo TC espressa in K, quest’ultima approssimabile con la Temperatura Atmosferica Esterna TAE espressa in K a mezzo di un Coefficiente di Scambio Termico Radiativo CSTR espresso in W/(m2K). La corrispondenza fra TC e TAE può proporsi in una giornata relativamente calda e umida dove la temperatura del cielo è in qualche modo dello stesso ordine di grandezza della temperatura dell’aria atmosferica in prossimità del suolo. Quindi il flusso di raffreddamento per irraggiamento è quantificabile attraverso la relazione

FRPI = CSTR x ( TSE TAE ) .

Se la Temperatura Superficiale Esterna TSE risulta maggiore della Temperatura Ambientale Esterna TAE il valore del flusso di raffreddamento per irraggiamento risulta positivo.
 
Indichiamo ora col ES il valore di emissività della superficie nell’infrarosso medio e lontano (non l’emissività totale che sarebbe relativa a tutto lo spettro della radiazione elettromagnetica termica). L’infrarosso medio e lontano sono le bande spettrali cui si concentra la radiazione elettromagnetica termica emessa dal tetto e, più in generale,  quella emessa da tutti i corpi solidi a temperatura prossima a quella ambiente.

L’emissività ES deriva dal rapporto fra il flusso termico di irraggiamento effettivamente emesso verso l’esterno (cioè verso atmosfera) e il valore massimo del flusso termico di irraggiamento che teoricamente può essere emesso alla temperatura della superficie (corpo nero). A seguire il Coefficiente di Scambio Termico Radiativo CSTR possiamo quindi introdurre un valore limite del Coefficiente di Scambio Termico Radiativo CSTRL dipendente dalle sole caratteristiche materiche della superficie. Al coefficiente CSTRL attraverso l’emissività della superficie ES può essere correlato il coefficiente di scambio termico radiativo riferito alla superficie in esame

CSTR = ES x CSTRL .

La somma fra il Flusso di Raffreddamento per Convenzione FRPC e il Flusso di Raffreddamento per Irraggiamento FRPI si può valutare con la relazione

FRPC + FRPI = (CSTC + ES x CSTRL) x (TSE TAE) .

Negli scambi termici tra tetto ed atmosfera esterna, l’irraggiamento è in generale dominante, specialmente se l’emissività superficiale ES del tetto è elevata.
Il Flusso Termico Netto Entrante di tipo conduttivo FTNE che attraversa la superficie del tetto [espresso in W/(m2K)] è dato dal bilancio fra la Radiazione Solare Non Riflessa RSNR (assorbita) e gli scambi termici con l’atmosfera per convezione ed irraggiamento:

FTNE = RSNR – (FRPC + FRPI) = (1 – A) x FTI – (CSTC + ES x CSTRL) x (TSETAE) .

La frazione dell’irradiazione solare incidente assorbita dal tetto diminuisce all’aumentare dell’albedo A. L’energia termica restituita dal tetto all’atmosfera per irraggiamento nell’infrarosso aumenta all’aumentare dell’emissività ES. In definitiva un tetto con superficie esterna caratterizzata da valori elevati sia dell’albedo A sia da valori elevati di emissività ES nel campo infrarosso è un tetto che si riscalda poco.

L’impatto che le proprietà emissive superficiali della copertura (cioè albedo A ed emissività ES) hanno sul riscaldamento di un edificio, e in particolare sul flusso termico trasmesso al suo interno, può essere stimato agevolmente in condizioni termiche stazionarie. Condizioni termiche stazionarie sottintende una prima approsimazione nella valutazione dei flussi strutture edilizie con ridotta inerzia termica.

Il flusso termico che attraversa la superficie esterna di un tetto deve attraversare anche tutti gli strati sovrapposti di materiale che costituiscono il tetto suddetto (isolamenti, parte strutturale de solai, intonaci, ecc…), per essere infine trasmesso ai locali sottostanti.

In relazione al flusso termico che attraversa il tetto un aumento dell’albedo A comporta una riduzione dello stesso flusso termico in ingresso. Analogo effetto si ha all’aumentare dell’emissività ES.

Incrementando la resistenza termica data dall’eventuale isolamento, si ottiene una riduzione del flusso termico trasmesso ma si ottiene anche un aumento della temperatura superficiale esterna TSE del tetto. Maggiori temperature degli strati più esterni del tetto comportano però un più veloce degrado dei materiali in conseguenza delle maggiori temperature, nonché maggiori sollecitazioni a fatica nelle strutture in relazione a dilatazioni e contrazioni correlati ai cicli termici.

Una guaina catramata nera all’estradosso di un tetto piano presenta un albedo estremamente ridotto (indicativamente pari a 0,05) ciò significando che il 95% della radiazione solare incidente viene assorbita dal tetto, causando surriscaldamento e trasmissione di un consistente flusso termico agli ambienti sottostanti.

Aumentando la resistenza dell’isolamento termico si ottiene un minore flusso termico trasmesso ma anche un contestuale aumento della temperatura superficiale esterna TSE.

Affinchè l’interno mantenga un determinata temperatura prefissata (ad esempio 25 °C) il flusso termico trasmesso deve essere contestualmente estratto tramite un impianto di condizionamento. In mancanza di estrazione del flusso termico trasmesso la temperatura interna tende ad aumentare e con essa aumenta la temperatura del tetto finché non viene raggiunta una condizione di equilibrio per cui il calore ceduto all’atmosfera per convezione ed irraggiamento uguaglia l’irradiazione solare assorbita.

L’energia termica apportata al tetto dall’irradiazione solare assorbita (ceduta per convezione ed irraggiamento) va a contribuire pressoché integralmente al riscaldamento dell’aria in prossimità del suolo. Ciò non si verifica con l’irradiazione solare riflessa.

Di conseguenza una superficie poco riflettente può essere sbagliata non solo dal punto di vista del benessere termoclimatico e dei consumi energetici locali, ma anche per ciò che concerne l’isola di calore urbana.

Volendo riflettere quanto possibile la radiazione solare incidente, si potrebbe rivestire superiormente il tetto con una lastra metallica lucida. Una tale soluzione, caratterizzata da albedo A stimabile col valore 0,60 ed emissività ES relativamente contenuta (ES circa 0,25) risulta però di scarsa efficacia. Risulterebbe una frazione assorbita dell’irradiazione solare molto più ridotta rispetto al rivestimento con guaina catramata, ma anche una minore cessione di energia all’atmosfera esterna per irraggiamento termico. In definitiva, sia il flusso termico trasmesso all’interno dell’edificio che le temperature raggiunte dal tetto non cambierebbero sostanzialmente.

La situazione cambia se la lastra viene ricoperta con un strato di vernice bianca; si ottiene un incremento della emissività ES e un leggero incremento del valore dell’albedo A.

La scelta di materiali con valori appropriati di albedo ed emissività sembra quindi relativamente semplice. Ma va ricordato che il mantenimento dei valori iniziali delle proprietà emissive nel tempo non è un problema semplice da risolvere. Nel tempo infatti, la superficie si può sporcare e le vernici possono subire modificazioni della composizione chimica, per effetto dei surriscaldamenti, della radiazione ultravioletta, delle azioni biologiche o dell’infiltrazione di umidità (con tendenza a cambiare colore). Con modifica del colore non si andrebbe a modificare significativamente l’emissività, ma potrebbe concretizzarsi un impatto deleterio sull’albedo.

La convenienza effettiva a predisporre un tetto freddo è comunque fortemente inquadrabile e la valutazione positiva potrebbe essere di non immediata attuazione.

Un netto miglioramente al sistema di tetto freddo si ottiene nella configurazione ventilato (ottenuta quando il manto di copertura si distacca dallo strato isolante e si crea in tal modo un’intercapedine che permette la circolazione dell’aria per effetto del gradiente termico creato dalla differenza di temperatura tra l’ambiente esterno e quello interno all’intercapedine. Nella stagione estiva gli irraggiamenti tipici del territorio italiano possono portare ad un surriscaldamento del manto di copertura (anche 80 °C e oltre) e il moto di aria entro l’intercapedine asportare una quota del calore derivante dall’irraggiamento sul manto di copertura.

Nel caso di tetto ventilato il flusso d’aria entro l’intercapedine è influenzato dall’effetto camino e dalla pressione del vento. L’effetto camino deriva dal fatto che l’aria all’interno dell’intercapedine si trova ad una temperatura maggiore rispetto a quella dell’aria esterna, in quanto riscaldata dal calore che lo strato superiore dell’intercapedine riceve tramite irraggiamento solare. A causa della minore densità l’aria tende a dirigersi verso l’alto per poi uscire all’esterno; ciò provoca anche una depressione alla base dell’intercapedine che quindi viene attirata aria esterna più fresca). L’effetto del vento deriva dalla differenza di pressione del vento tra la sezione di entrata dell’aria e quella di uscita. Se la velocità del vento è limitata o nulla, l’effetto camino predomina. Se la velocità del vento è alta l’effetto vento è predominante.

Nella letteratura tecnica si evidenzia che una portata d’aria sotto falda permette di contenere il flusso di calore che attraversa il tetto fra il 10% e il 30%, a seconda dello spessore dell’intercapedine e dell’inclinazione della copertura.

Se un tetto ventilato è correttamente dimensionato nella stagione invernale la ventilazione non comporta particolari variazioni sul fabbisogno termico. In genere di giorno l’irraggiamento sulle falde provoca un moto ascensionale nelle intercapedini che asporta calore dalla struttura peggiorando le performance termiche della copertura, ma in genere con entità ridotta in quanto il moto è generalmente di lieve entità. In ogni caso nelle ore notturne, a causa del flusso radiativo verso il cielo che raffredda la copertura, si instaura in genere un flusso di aria discendente che riscalda la struttura. Nella stagione invernale si potrebbe inoltre chiudere le aperture per la circolazione dell’aria con appositi sistemi mobili e la lama di aria stagnante, che si verrebbe a creare sotto la copertura, garantirebbe buone caratteristiche di coibentazione termica.

Nella stagione estiva diminuisce il fabbisogno di raffrescamento (di varia entità in funzione dello spessore dell’intercapedine, della pendenza del tetto e del grado di isolamento dell’involucro dell’edificio).