La sostanza organica nel suolo contiene circa il 60% di carbonio, ed è un fattore cruciale per l’influenza che il suolo ha sul ciclo globale del carbonio.
Con circa 1.500 miliardi di tonnellate di carbonio (Gt) presenti come materia organica nel suolo a livello globale, i terreni sono il secondo più grande serbatoio attivo di carbonio dopo gli oceani (circa 40.000 Gt). C’è più carbonio immagazzinato nel suolo che nell’atmosfera (760 Gt) e nella vegetazione (560 Gt) combinate.
Attraverso il processo di fotosintesi le piante assorbono CO2 dall’atmosfera e la usano per far crescere radici, steli o foglie. Il carbonio è trasferito nel suolo attraverso il rilascio di composti organici dalle radici delle piante o attraverso la decomposizione del materiale vegetale da parte degli organismi del suolo.
La decomposizione microbica della sostanza organica rilascia i nutrienti che le piante utilizzano per la crescita. Durante la decomposizione una parte del carbonio è rilasciato nell’atmosfera come anidride carbonica, attraverso il processo di respirazione del suolo, mentre il restante carbonio viene convertito in composti organici che possono rimanere nel terreno per un periodo di tempo che varia fra pochi anni fino a millenni. La rapidità di decomposizione dipende anche da temperatura, precipitazione e la composizione del materiale organico. Diverse fonti di sostanza organica si decompongono con velocità diverse.
Se la quantità di materia organica che arriva al suolo è inferiore al tasso di decomposizione, la sostanza organica, e quindi il carbonio, diminuisce. Viceversa se la velocità di decomposizione è minore degli ingressi di materia organica la sostanza organica del suolo aumenta.
In generale, il processo che porta a perdite di carbonio dal suolo avviene più rapidamente e con più facilità rispetto al processo che porta ad un accumulo di carbonio nel suolo.
La biomassa è composta sia dalle piante in vita e sia dai materiali vegetali morti. Le piante in vita sono responsabili della fotosintesi, cioè il processo naturale attraverso il quale viene rimossa la CO2 dall’atmosfera. La respirazione delle piante e il decadimento dei materiali vegetali morti sono responsabili per le emissioni di CO2. A differenza delle foreste, le quantità di biomassa nelle aree agricole sono di solito molto basse, in quanto crescita e raccolto avvengono entro periodi di tempo molto brevi.
La gestione del territorio rappresenta la seconda fonte di emissioni di CO2 negli ecosistemi terrestri. L’agricoltura è l’unico settore che ha la capacità di trasformarsi da ecosistema che emette CO2 ad un ecosistema che assorbe CO2. Le pratiche agricole comuni e l’utilizzo di fertilizzanti basati su combustibili fossili, pesticidi ed erbicidi comportano un significativo rilascio di CO2. In alternativa, potrebbe esse attivato un processo chiamato “sequestro del carbonio nel suolo” per conseguire l’immagazzinamento del carbonio e la relativa conservazione per lunghi periodi all’interno dello stesso suolo.
L’agricoltura moderna favorisce l’utilizzo di pratiche che migliorano la velocità con cui la CO2 viene rimossa dall’atmosfera e convertita in materiale vegetale, per essere definitivamente sequestrata come sostanza organica all’interno del suolo.
Esistono diverse strategie per massimizzare il sequestro del carbonio per diversi usi del suolo. Nei terreni agricoli la quantità di carbonio presente nel suolo può essere aumentata attraverso:
- ritorno dei residui della biomassa al suolo;
- lavorazione del terreno e gestione dei residui;
- eliminare o ridurre l’intensità delle lavorazioni;
- oculata gestione delle risorse idriche;
- pratiche agro-forestali.