Il modello della corrivazione nacque in Italia, nella prima meta del 1800, a seguito di intuizioni originali del prof. Domenico Turazza, professore di matematica applicata presso la Regia Università di Padova. Nella seconda edizione del Trattato di idrometria o di idraulica pratica (1867) il Turazza aveva posto le basi sia del concetto di perdita idrologica (… credo però in medio potersi valutare in 2/5 dell’acqua totale quella che và così perduta…) sia il concetto di curva di piena (… sarà dunque sufficiente di ordinare le cose in modo che l’acqua che può cadere per pioggia, nelle circostanze più ordinarie, sopra il dato terreno in 24 ore, e che sopravanza a quella che và perduta pella evaporazione e pegli infiltramenti, venga scaricata pure in 24 ore dagli scoli…) ed infine sia il concetto di ritardo nella formazione della piena (… si giudica, pare a me, assai male quando si paragonano le portate degli scoli a quelle medie delle correnti in rapporto alle piogge che cadono sovra i corrispondenti bacini, perché non credo potersi stabilire eguale accordo circa il tempo del deflusso…).
Nei medesimi anni, ufficialmente nel 1851, l’irlandese Mulvaney presentò una nota che diventò la base del cosiddetto metodo razionale nella cultura idrologica anglosassone. Per Mulvaney la portata è pari al prodotto fra un coefficiente adimensionale compreso fra 0 e 1 (coefficiente afflussi-deflussi), l’intensità di pioggia correlata al tempo di concentrazione e la superficie del bacino. Le ipotesi base del modello della corrivazione sono:
1) la formazione della piena è dovuta unicamente ad un fenomeno di trasferimento della massa liquida;
2) ogni singola goccia si muove sulla superficie seguendo un percorso immutabile che dipende soltanto dalla posizione del punto in cui essa è caduta;
3) la velocità di ogni singola goccia non è influenzata dalla presenza delle altre gocce;
4) la portata defluente si ottiene sommando tra loro le portate elementari che si presentano nello stesso istante alla sezione di chiusura del bacino.
Il ritardo con cui una goccia si presenta alla sezione di chiusura dipende in tal modo solo dal punto in cui essa è caduta e prende il nome di tempo di corrivazione del punto. Il tempo di ritardo massimo prende il nome di tempo di corrivazione del bacino e viene di seguito indicato con tCB.
I luoghi dei punti caratterizzati da uno stesso valore del tempo di corrivazione vengono detti linee isocorrive; la curva che per assegnato valore del tempo di corrivazione tC permette di determinare l’area della porzione di bacino i cui punti hanno tempi di corrivazione t≤tC prende il nome di curva aree-tempi del bacino.
Supponendo di aver tracciato le linee isocorrive con passo temporale Δt all’interno del quale l’intensità di precipitazione possa considerarsi costante, linearizzata la curva aree-tempi in ciascun intervallo, si ha che l’idrogramma di portata qK(t) che attraversa la k−1ma isocorriva in seguito alla precipitazione di intensità iJ, caduta nell’intervallo tJ−1=(j−1)Δt e tJ=jΔt sulla porzione di bacino di area ΔAK, compresa tra le isocorrive (k−1)Δt e kΔt, è descritto dalle equazioni:
- se tJ-1≤t≤tJ qK(t)=(iJΔAK/Δt)(t-tJ-1);
- se tJ≤t≤tJ+1 qK(t)=(iJΔAK/Δt)(tJ-t);
- infine se t≥tJ+1 qK(t)=0 .
La forma della curva di piena è triangolare e qK(t) assume il valore 0 per t=(J-1)Δt, il valore qK(t)=iJΔAK per t=JΔt e di nuovo qK(t)=0 per t=(J+1)Δt; il tempo alla base dell’idrogramma di piena é pari a 2Δt.
L’idrogramma di portata che attraversa la sezione di chiusura in seguito alla precipitazione caduta nell’intervallo (j−1)Δt e jΔt sull’area ΔAK si ottiene traslando nel tempo l’idrogramma di piena di un intervallo pari a (K-1)Δt; quindi il valore al colmo ΔAKiJ giungerà alla sezione di chiusura al tempo (j+K-1)Δt. L’idrogramma di piena complessivo si ottiene sommando i contributi delle varie aree che giungono al medesimo istante alla sezione di chiusura.
Le ulteriori ipotesi di linearità e stazionarietà consentono di semplificare la modellazione dei fenomeni di piena. Notoriamente:
a) un sistema si dice stazionario quando a due ingressi uguali sfasati nel tempo di un certo intervallo di tempo corrispondono due uscite uguali sfasate dello stesso intervallo temporale;
b) un sistema si dice lineare quando ad un ingresso combinazione lineare di due ingressi corrisponde un’uscita combinazione lineare secondo medesimi coefficienti moltiplicativi delle uscite relative agli stessi ingressi.
Con linearità e con stazionarietà la relazione tra ingresso p(t) e uscita q(t) assume la forma di un’equazione lineare differenziale a coefficienti costanti che ha come soluzione l’integrale di convoluzione
q(t) = ∫0tp(τ)h(t-τ)dτ
essendo h(t) l’idrogramma unitario istantaneo (dove h(t) dimensionalmente è l’inverso del tempo).
Il modello della corrivazione si configura quindi come un particolare modello lineare e stazionario schematizzabile come un insieme di infiniti canali lineari in parallelo; a ciascun elemento di area AI del bacino si può associare un canale lineare il cui ritardo caratteristico coincide con il tempo di corrivazione tC del punto.
Con tale modello la portata massima si verifica in corrispondenza ad una durata della precipitazione maggiore o uguale al tempo di corrivazione e viene mantenuta per un tempo tP-tCB essendo tP la durata della precipitazione.
Per un ipotetico bacino in cui la curva area-tempi risulta lineare, ovvero A(t)=ATt/tCB (essendo AT l’area totale del bacino) e nel caso di una pioggia netta di intensità costante i e durata tP abbiamo, alla chiusura del bacino, i seguenti idrogrammi di piena:
Caso tP<tCB (vedi la Figura 1 seguente):
Quindi se tP<tCB con t≤tP vale
q(t)= iATt/tCB ,
con tP≤t≤tCB vale
q(t)= iATtP/tCB ,
con tCB≤t≤tCB+tP vale
q(t) = iAT(1-((t-tP)/tCB))) ,
e infine con t≥tCB+tP vale
q(t)=0 .
Caso tP=tCB (vedi Figura 2 seguente):
In questo caso se tP=tCB con t≤tP vale
q(t)= iATt/tCB ,
con t=tCB=tP vale
q(t)=iAT ,
con tCB≤t≤tCB+tP vale
q(t) = iAT(1-((t-tP)/tCB)))
e infine con t≥tCB+tP vale
q(t)=0 .
Caso tP>tCB (vedi Figura 3 seguente):
Se tP>tCB vale
q(t)=iATt/tCB ;
con tCB≤t≤tP vale
q(t)=iAT ;
con tP≤t≤tCB+tP vale
q(t)=iAT(1-((t-tP)/tCB))) ;
infine con t≥tCB+tP vale
q(t)=0 .
Normalmente nei modelli del tempo di corrivazione per il calcolo della portata al colmo QP si utilizza la relazione
QP = CA∙CD∙IP∙AT
dove
CA rappresenta il coefficiente di afflusso (tiene conto delle sottrazioni legate alla infiltrazione, all’intercettazione e agli invasi di ritenzione),
IP rappresenta l’intensità di pioggia per una durata pari al tempo di corrivazione,
AT rappresenta la superficie totale del bacino e
CD rappresenta un coefficiente detto di diffusione.
Il coefficiente CD tiene conto che all’aumentare dell’area sottesa esiste una tendenza del flusso di piena ad attenuare il picco procedendo verso valle a seguito dell’effetto invaso in rete.
Il modello della corrivazione tende a sovrastimare il picco di portata perché i valori di CA sono ricavati soprattutto per piccoli bacini; ricordiamo inoltre che la linearità fra portata e area è accettata solo per valori di AT variabili fra un minimo di 8 ha (vedi Debo e Reese, 1995) fino ad un massimo di 256 ha (in ambito urbano, vedi Veissman e Lewis, 1996) e di 1000 ha (in ambito rurale, secondo Gupta, 1989).
Sono ricorrenti le seguenti approssimazioni conseguenti alla ipotesi operate del modello della corrivazione:
Approssimazione 1: il picco di portata è il massimo che può verificarsi per una intensità di pioggia correlata ad una durata pari al tempo di corrivazione; al momento temporale corrispondente al tempo di corrivazione si ottiene quindi il massimo di portata. Nell’applicazione del modello della corrivazione si valuta di volta in volta se i picchi di piena possono considerarsi condizionati dai picchi di intensità di pioggia e non dal valore medio della stessa intensità.
Approssimazione 2: il deflusso è direttamente proporzionale alla precipitazione. Come si vedrà il coefficiente di afflusso CA non è indipendente dalla piena; la determinazione di CA andrebbe quindi eseguita tenendo conto di tutti gli aspetti che possono influenzare questo valore.
Approssimazione 3: la frequenza dei picchi di piena é la medesima frequenza della pioggia che genera la piena. Normalmente l’assunzione risulta accettabile in quanto le elaborazioni sono eseguite per eventi a tempo di ritorno inferiore a 100 anni.
Approssimazione 4: la relazione fra picco di piena e area di drenaggio è un legame dello stesso tipo che si ha fra picco, intensità della pioggia e durata della pioggia (in altri termini il bacino di drenaggio è considerato a comportamento lineare e per determinare la portata basta semplicemente moltiplicare il coefficiente di afflusso per l’area e l’intensità di pioggia). Tale presupposto non può essere evidentemente sempre vero da cui l’introduzione, come anticipato, del termine CD per tener conto della mancanza di linearità.
Approssimazione 5: CA è lo stesso per piene di diversa frequenza e quindi le perdite della precipitazione che non arriva alla sezione di chiusura del bacino sono una costante. Se tale presupposto può essere considerato valido per bacini con superfici impermeabili qualche perplessità può presentarsi per bacini dove le aree interessate da infiltrazioni o ritenzioni non sono trascurabili. Quando possibile la determinazione di CA va eseguita cercando di tener conto di tutti gli aspetti che possono influenzare questa evenienza.
Approssimazione 6: CA utilizzato è lo stesso per tutte le piene su un dato bacino idrografico indipendentemente dalle condizioni di umidità in essere nel suolo. Normalmente vengono considerati eventi di piena a frequenza bassa o bassissima; si ritiene che riferirsi a condizioni di umidità medie possa giusitificare il non tener conto di questo fattore.
Approssimazione 7: l’intensità di pioggia rimane costante per tutta la durata del tempo di corrivazione. Quando il metodo della corrivazione viene utilizzato per valutazioni di massima tale ipotesi si può ritenere accettabile.
Approssimazione 8: il deflusso che porta al picco di portata si forma uniformemente su tutto il bacino; detto in altre parole il coefficiente CA rimane lo stesso su tutti i punti del bacino. In genere tale assunzione risulta accettabile quando le aree di drenaggio non superano qualche centinaio di ha di superficie.
Approssimazione 9: il modello della corrivazione non considera, ne può considerare, situazioni di rigurgito di flusso nella rete di drenaggio. E’ accettabile tale limitazione quando le calcolazioni idrauliche risultano di natura conservativa.
Col metodo della corrivazione viene normalmente utilizzata la formula di moto uniforme secondo Gauckler-Strickler:
V=KS RH2/3 iS1/2
con Q=AV e RH=A/PB essendo
V = velocità del flusso (m/s) ,
Q = portata massima (m3/s) ,
A = area liquida (m2) ,
KS = scabrezza secondo Stricker (m1/3/s) ,
RH = raggio idraulico (m) ,
iS = pendenza motrice (m/m) ,
PB = perimetro bagnato (m) .
Nell’applicazione del modello della corrivazione normalmente si prendono in considerazione due tipi di sezione:
1) la sezione trapezoidale o rettangolare. Vengono forniti in ingresso la base minore b, la base maggiore B (larghezza del pelo libero con tirante idrico al limite di esondazione) e l’altezza massima del tirante idrico Y. Le formule ricorrenti sono:
A = ((B+b)Y)/2 ,
PB = 2(((B–b)/2)2+Y2)0,5+b ,
RH = (((B+b)Y)/2)/(2(((B–b)/2)2+Y2)0,5+b) .
2) la sezione circolare. Viene fornito in ingresso il diametro D. In questo caso le formule ricorrenti sono:
A = 3.141592D2/4 ,
PB = 3.141592D ,
RH = D/4 .
Le formulazioni precedenti possono essere utilizzate anche per il calcolo del tempo di scorrimento canalizzato (in situazione di deflusso massimo). In genere la pendenza motrice iS, nel caso di deflusso intubato, è la maggiore fra quella definita dalla livelletta di fondo e quella definita dalle quote di piano campagna fra inizio e fine del tratto.
Stima delle perdite di portata (per inondazione)
Nel modello della corrivazione le situazioni di alluvionamento localizzato possono essere considerate in modo semplificato secondo la seguente procedura. Prendiamo in considerazione lo schema seguente (vedi Figura 4).
In una determinata sezione, per una determinata durata di precipitazione, si abbia una curva di piena come indicato con tratto grosso (come da modello della corrivazione con curva superficie-tempo lineare). Ipotizziamo che il corrispondente tratto di canale o di tubo sia in grado di far defluire una portata massima pari a q1; si impone quindi che i differenziali di maggior portata siano dispersi per esondazione sul territorio circostante il tratto canalizzato o intubato. Dallo schema della figura precedente è possibile stimare il volume di acqua di pioggia esondato (volume V) e la durata teorica del fenomeno alluvionale (lunghezza b1).
Possiamo sostanzialmente ritrovare due situazioni:
caso 1): sono noti B e b (curva di piena dal modello della corrivazione) ed è noto il volume V (invaso di laminazione ovvero volume integrativo estraneo alle condizioni di deflusso). Si può facilmente dimostrare come b1 e q1 si ottengono facilmente con le relazioni:
b1= ((b2q+2V(B–b))/q)0,5 ,
q1 = q((B–b1)/(B–b)) .
Le due relazioni precedenti permettono di determinare b1 e q1 anche qualora la curva di piena sia quella tipica del modello della corrivazione (ovvero triangolare con base pari al doppio del tempo di corrivazione e altezza pari al picco di portata); in questo caso occorre avere l’avvertenza di porre b=0 e q uguale alla portata di picco.
caso 2): sono noti B e b (curva di piena dal modello della corrivazione) ed è noto q1 (portata massima che riesce a far defluire il tubo o il canale senza provocare esondazioni). Si può facilmente dimostrare come b1 e V si ottengono attraverso le relazioni:
b1 = B-((q1/q)(B–b)) ,
V = q((b12– b2)/(2(B–b))) .
Le relazioni precedenti permettono di determinare b1 e V anche nel caso la curva di piena sia triangolare con base pari al doppio del tempo di corrivazione e altezza pari al picco di portata; in questo caso occorre avere l’avvertenza di porre b=0 e q uguale alla portata di picco.
Paron, 16/5/2020