MITIGAZIONE IDRAULICA COL METODO CINEMATICO

TEORIA DEL MODELLO DELLA CORRIVAZIONE

Il ritardo con cui una goccia si presenta alla sezione di chiusura di un bacino dipende dal punto in cui essa è caduta; detto ritardo prende il nome di tempo di corrivazione del punto. Il tempo di ritardo massimo prende  il  nome  di  tempo  di  corrivazione  del  bacino e viene qui indicato con tC.  I  luoghi  dei  punti  caratterizzati  da  uno stesso valore del tempo di corrivazione vengono detti linee isocorrive; la curva che per assegnato valore del tempo di corrivazione fornisce l’area della porzione di bacino i cui punti hanno tempi di corrivazione t≤tC prende il nome di curva aree-tempi del bacino.

Supponendo  di  aver  tracciato  le  linee  isocorrive  con  passo  temporale  Dt  all’interno  del  quale l’intensità  di  precipitazione  possa  considerarsi  costante, linearizzata  la  curva  aree-tempi in ciascun intervallo, si ha che l’idrogramma di portata qK(t) che attraversa la k−1ma isocorriva in seguito alla precipitazione di intensità iJ, caduta nell’intervallo tJ−1=(j−1)Dt e tJ=jDt sulla porzione di bacino di area DAK compresa tra le isocorrive (k−1)Dt e kDt è descritto dalle equazioni:

  1. se tJ-1≤t≤tJ vale qK(t)= (iJDAK/Dt)(t-tJ-1);
  2. se tJ≤t≤tJ+1 vale qK(t)= (iJDAK/Dt)(tJ-t);
  3. se t≥tJ+1 vale qK(t)=0.

La forma della curva di piena è triangolare dove qK(t) assume il valore 0 per t=(J-1)Dt, qK(t)=iJDAK per t=JDt e di nuovo qK(t)=0 per t=(J+1)Dt; il tempo alla base dell’idrogramma di piena é pari a 2Dt. L’idrogramma di portata che attraversa la sezione di chiusura in seguito alla precipitazione caduta nell’intervallo (j−1)Dt e jDt sull’area DAK si ottiene traslando nel tempo l’idrogramma di piena illustrato di un intervallo pari a (K-1)Dt; quindi il valore al colmo DAKiJ  giungerà alla sezione di chiusura al tempo (j+K-1)Dt. L’idrogramma  di piena complessivo  si  ottiene  sommando  i  contributi  delle  varie  aree  che  giungono  al medesimo  istante  alla  sezione  di  chiusura. Le ipotesi di linearità e stazionarietà consentono  di  semplificare  la modellazione dei fenomeni di piena; in particolare:

  • un sistema si dice stazionario quando a due ingressi uguali sfasati nel tempo di un  certo intervallo di tempo corrispondono  due  uscite  uguali  sfasate  dello  stesso intervallo temporale;
  • un sistema si dice lineare quando ad un ingresso combinazione lineare di  due  ingressi corrisponde  un’uscita  combinazione  lineare secondo medesimi coefficienti moltiplicativi delle uscite relative agli stessi ingressi.

Con linearità e con stazionarietàla relazione tra ingresso p(t) e uscita q(t) assume la forma di un’equazione lineare differenziale a coefficienti costanti che ha come soluzione l’integrale di convoluzione

q(t)=∫0tp(τ)h(t-τ)dτ

essendo h(t) l’idrogramma unitario istantaneo [h(t) dimensionalmente è l’inverso del tempo].

Il  modello  cinematico  del tempo di corrivazione si  configura quindi come  un  particolare  modello  lineare  e  stazionario schematizzabile  come  un insieme  di  infiniti  canali  lineari  in  parallelo; a  ciascun  elemento  di  area  SI del  bacino  si  può associare un canale lineare il cui ritardo caratteristico coincide con il tempo di corrivazione del punto. Con tale modello la portata massima si verifica in corrispondenza ad una durata della precipitazione maggiore o uguale al tempo di corrivazione e viene mantenuta per un tempo tP-tC essendo tP la durata della precipitazione. Per un ipotetico bacino in cui la curva area-tempi risulta lineare, ovvero S(t)=STt/tC (essendo ST l’area totale del bacino) e nel caso di una pioggia netta di intensità costante i e durata tP abbiamo il seguente idrogramma di piena:

  • nel caso tP≤tC, a1) con t≤tP vale q(t)= iSTt/tC; a2) con tP≤t≤tC vale q(t)= iSTtP/tC; a3) con tC≤t≤tC+tP vale q(t)= iST(1-((t-tP)/tC)); infine a4) con t≥tC+tP vale q(t)=0;
  • nel caso tP≥tC, b1) con t≤tC vale q(t)= iSTt/tC; b2) con tC≤t≤tP vale q(t)= iST; b3) con tP≤t≤tC+tP vale q(t)= iST(1-((t-tP)/tC)); infine b4) con t≥tC+tP vale q(t)=0.

La rappresentazione del deflusso sopra descritta indica come il tempo di corrivazione tC eserciti, almeno per le piogge di durata inferiore, una sorta di effetto moderatore in confronto alla portata massima che si avrebbe se allo sbocco ci fosse la contribuzione simultanea dell’intero bacino; se la durata della pioggia è pari al tempo di corrivazione c’è un trascurabile effetto di ritardo nella moderazione della portata. Nel caso di funzione di pioggia a due parametri del tipo h=atn la portata media che affluisce sul bacino per unità di superficie è data da J=atn-1 e si può indicare la portata media per unità di superficie che raggiunge la sezione di chiusura il valore Jm=atn/(t+tC). Il valore massimo di Jm al variare della durata della precipitazione è dato dalla equazione differenziale dJ(t)/dt=d(atn/(t+tC))/dt=0 che fornisce n soluzioni per valori nulli della durata critica tCRIT e una, ed una sola, soluzione fisicamente accettabile per  tCRIT=tC/((1/n)-1); nel momento in cui si verifica la massima portata lorda per unità di superficie alla sezione di chiusura la relazione tCRIT=tC/((1/n)-1) correla la durata critica  tCRIT della precipitazione ed il tempo di corrivazione tC.

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STABILIZZAZIONE IDRAULICA BASE

Il principio di stabilizzazione idraulica base (meglio conosciuto con il termine invarianza idraulica) prevede che la curva di piena generata da un bacino, dopo modifica urbanistica o edilizia all’uso del suolo, sviluppi una portata massima dello stesso ordine di grandezza di quella che si sviluppa ante modifica dello stesso uso del suolo. Nelle problematiche di mitigazione idraulica, a parità di tempo di ritorno dell’evento pluviometrico, é importante determinare la durata di precipitazione critica tCRIT e il corrispondente massimo valore del volume di detenzione (che qui indicheremo con VCRIT); la conoscenza di VCRIT permette di predisporre le opere di difesa idraulica destinate a far acquisire la stabilizzazione idraulica base dell’intervento.

Figura 1

Indichiamo con Ψ1 il coefficiente di afflusso orario, con S l’area del bacino, con j l’intensità efficace di pioggia, con QM la portata massima in corrispondenza ad un tempo pari al tempo di corrivazione tC del bacino con uso futuro del suolo, QL la portata di laminazione (portata massima in condizioni attuali di uso del suolo ovvero portata su cui tarare il processo di mitigazione); indichiamo inoltre al solito con a ed n i coefficienti della curva di possibilità pluviometrica monomia a due parametri. Dai fondamenti del metodo della corrivazione deriva che al variare della durata tP della precipitazione varia il volume da invasare per fare in modo che la portata in uscita non sia mai superiore alla portata di laminazione QL (il volume é rappresentato in Figura 1 dalla superficie ABCD nella ipotesi che la portata di laminazione abbia andamento lineare dall’inizio del fenomeno con valore 0 sino al punto t* con valore QL). Si dimostra che

V=QItP-tPQL*0,5-tCQL*0,5

essendo

QI=JS=Ψ1SatP((4n/3)-1) .

Derivando rispetto a tP la relazione precedente e ponendo uguale a zero la stessa derivata si ricava il valore di tP critico che massimizza l’invaso. Indicando con tCRIT il valore critico di tP vale la relazione (G. Zen, 2008):

e il volume critico si può stimare con la relazione (G. Zen, 2008):

Nelle problematiche di mitigazione idraulica per detenzione andrà applicato il concetto di stabilizzazione idraulica base determinando innanzitutto la portata massima QM1 nella situazione attuale di uso del suolo, essendo tC=tC1 (tempo di corrivazione nella situazione ante intervento), ponendo inoltre Ψ11ORA ovvero il coefficiente di afflusso medio orario relativo alla situazione attuale; successivamente verrà posto QL=QM1.

Definite le modalità di acquisizione dell’invaso (tubi interrati, canale, fossato, vasca o altro) si tratterà di definire come garantire il controllo della portata allo scarico, da tarare in corrispondenza al tirante massimo sulla portata di laminazione  QL, e di dimensionare infine i volumi di detenzione con la precedente relazione [B].

Con l’utilizzo di una curva di pioggia a tre parametri del tipo h=at/(b+t)c le relazioni precedenti diventano:

A) invaso

V = QItP-tPQL*0,5-tCQL*0,5

essendo

QI=(aSΨ1tP(1/3)(b+1)(c/3))/(b+tP)(4c/3) ;

B) tempo critico

[((4/3)tCRI(1/3))/((b+tCRI)(4c/3))][1-(ctCRI/(b+tCRI)c)]=QL/(2aΨ1S(b+1)(c/3)) ;

C) invaso critico

VCRIT=[(aSΨ1(b+1)(c/3)tCRI(4/3))/((b+tCRI)(4c/3))]-tCRIQL/2-TCQL/2 ;

D) portata massima in condizioni critiche

QCRI=(aSΨ1tCRI(1/3)(b+1)(c/3))/(b+tCRI)(4c/3) .

Indicando con vCRIT il volume specifico (su unità di superficie del bacino) in condizioni di pioggia critica, con uCRIT il coefficiente udometrico con pioggia critica, con uL il coefficiente udometrico di laminazione, vale la relazione

vCRIT = uCRItCRI-tCRIuL*0,5-tCuL*0,5 .

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STABILIZZAZIONE IDRAULICA DEDUTTIVA

Consideriamo un bacino idrografico schematizzato nella Figura 2 seguente (area verde).

Figura 2

Entro il bacino principale consideriamo un sottobacino D (area arancione) nel quale è previsto un intervento di modificazione idrologica dell’uso del suolo (ad esempio la realizzazione di un piano di lottizzazione o di una strada). Ipotizziamo infine che entro il bacino principale (area verde) esista un’area C (a valle di D) interessata da esondazioni (area celeste).

Al fine di garantire condizioni di sostenibilità, entro l’area D, degli interventi di trasformazione del territorio da realizzare entro la stessa area D, si è visto come sia necessario prevedere opere di stabilizzazione idraulica base; in tal modo le curve di piena sviluppate dal sottobacino D comporteranno portate al colmo dello stesso ordine di grandezza sia prima che dopo l’intervento di trasformazione del territorio.

Vediamo ora come tener conto, partendo sempre dal concetto di stabilizzazione idraulica, dei fenomeni di esondazione che si verificano nell’area C; chiaramente l’intervento urbanistico in D non deve peggiorare la situazione in C.

… “non deve peggiorare” è normalmente imposto dalle leggi urbanistiche (ad esempio la legge regionale 11/2004 della Regione Veneto) …

In questo caso lo schema idrologico è completamente diverso: a parità di tempo di ritorno la portata massima transitabile in C è quella sviluppata da precipitazioni efficaci di durata pari al tempo di corrivazione tAC. Dal metodo della corrivazione è noto che la portata massima si verifica in corrispondenza ad una durata della precipitazione maggiore o uguale al tempo di corrivazione e rimane costante per un tempo pari alla differenza fra il tempo di pioggia e il tempo di corrivazione. Se ipotizziamo che per il bacino chiuso in C si abbia:

1) curva area-tempi lineare,

2) pioggia netta di intensità costante con durata pari al tempo di corrivazione e

3) per l’area D valga A(tD)=AT(tDC)/(tAC)

ne consegue il mantenimento del rapporto, fra portata massima e tempo di pioggia corrispondente, sia in D che in C. Applicare il concetto di  stabilizzazione idraulica deduttiva vuol dire fare in modo che la curva di piena generata dal bacino D dopo le modifiche all’uso del suolo crei una portata massima alla sezione C dello stesso ordine di grandezza, comunque non superiore, di quella che si verificava prima della modifica dello stesso uso del suolo; ciò equivale a riapplicare il concetto di stabilizzazione idraulica base ove però la portata di laminazione QU non consegue al massimo di portata entro il sottobacino D (portata sviluppata da una pioggia di durata pari al corrispondente tempo di corrivazione) ma viene individuata da una precipitazione di durata tAC (tempo di corrivazione del bacino chiuso in C) che interessa sempre il sottobacino D ovviamente nelle condizioni di uso del suolo non variate. Indicheremo nel prosieguo convenzionalmente tAC come tempo di corrivazione esterno, in contrapposizione al tempo di corrivazione proprio del sottobacino D.

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STABILIZZAZIONE IDRAULICA INDUTTIVA

Alcune caratteristiche del bacino chiuso in B (vedi Figura 2) possono portare ad un diverso approccio idraulico. Potrebbe risultare troppo oneroso, per risolvere i problemi di esondazione in C, intervenire con opere idrauliche fra D e C o anche fra C e B: ad esempio la conformazione assunta dal territorio antropizzato potrebbe presentare caratteristiche tali:

1) da non permettere di ricavare con oneri sopportabili volumi con cui laminare le piene e ridurre il rischio idraulico in C e

2) da non rendere fattibile la ricalibratura della rete idrografica fra D e B.

D’altro canto in determinare situazioni può prevalere una strategia di intervento che predilige il controllo alla fonte (al contrario del controllo terminale); le opportunità più economiche e più semplici di gestione dell’acqua di pioggia potrebbero collocarsi infatti alla sorgente del deflusso, cioè dove il deflusso si forma. Ad esempio l’area chiusa in D potrebbe essere già completamente impermeabilizzata e non è detto che non sia conveniente, senza oneri economici elevati, operare con tecniche di mitigazione idraulica in D al fine di ridurre le portate alla sezione di chiusura B (il discorso è ovviamente indipendente dal fatto che in D venga previsto o meno alcun intervento di impermeabilizzazione del suolo); si parla allora di stabilizzazione idraulica induttiva.

Similmente al paragrafo precedente ipotizziamo che per il bacino chiuso in B valgano le ipotesi di linearità e stazionarietà e sia applicabile il modello cinematico lineare e stazionario (modello della corrivazione). La portata massima si verifica quindi in corrispondenza ad una durata della precipitazione uguale al tempo di corrivazione e per durate maggiori rimane su valori massimi per un tempo pari alla differenza fra il tempo di pioggia e il tempo di corrivazione.

Allo stesso modo ipotizzamo che per il bacino chiuso in B si abbia:

a) una curva area-tempi lineare,

b) la pioggia netta di intensità costante e infine

c) per l’area D valga

A(tD)=AT(tDC+tCB)/(tAC+tCB) .

Con tali ipotesi consegue il mantenimento del rapporto, fra portata massima e tempo di pioggia corrispondente, sia in D che in B.

Si può dimostrare che, come nel caso della stabilizzazione idraulica deduttiva, anche nel caso della stabilizzazione idraulica induttiva possiamo riportarci alle modalità di calcolo idraulico della stabilizzazione idraulica base, una volta definita l’aliquota di riduzione del contributo di portata massima del sottobacino D, che qui indichiamo con P; si dimostra che la portata di laminazione è pari a (1-P) moltiplicato la portata massima alla sezione B (calcolata nella situazione attuale di uso del suolo con tempo di pioggia pari a tAC+tCB) moltiplicato ancora per il rapporto fra il tempo di corrivazione del sottobacino D nella situazione attuale di uso del suolo e tAC+tCB.

Detta portata di laminazione può altresì ottenersi da un coefficiente udometrico massimo il cui significato fisico dovrebbe però essere correlato alla relazione innanzi illustrata.

ing. Giuliano Zen, maggio 2008.

Ordine Ingegneri di Treviso, posizione A1070.